Il reato di minaccia, quale delitto contro la libertà individuale nella sua dimensione psichica, si configura quando la condotta dell'agente prospetta alla persona offesa un male ingiusto, il cui avveramento dipende dalla sua volontà, e tale prospettazione risulta idonea, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, a ingenerare timore nel destinatario. Tuttavia, la mera astratta capacità intimidatrice del male prefigurato non è sufficiente, essendo necessario che la condotta sia concretamente idonea a incidere sulla libertà morale del soggetto passivo. Pertanto, una minaccia che, pur astrattamente idonea a suscitare timore, risulti irrealizzabile in relazione alle effettive possibilità dell'agente, non integra il reato di minaccia, in quanto priva di concreta attitudine intimidatoria. In tali casi, la valutazione del giudice di merito, che tenga conto del complessivo contesto oggettivo e soggettivo in cui la minaccia è stata pronunciata, è esente da vizi logici.