Cassazione penale Sez. V sentenza n. 572 del 8 gennaio 2019

ECLI:IT:CASS:2019:572PEN

Massima

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Il coinvolgimento di un soggetto in un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurimi delitti di bancarotta fraudolenta può essere riconosciuto quando gli elementi di prova raccolti in fase di indagine restituiscono il quadro di un sodalizio criminoso dotato di un'articolata organizzazione di persone e di enti societari, con precisa suddivisione di compiti, che, dissimulando il proprio operato dietro lo schermo di un'attività imprenditoriale protesa ad affiancare le società in crisi, realizza finalità illecite di profitto per gli associati, distraendo dal patrimonio delle società in decozione immobili di pregio in favore di società da loro controllate e, poi, abbandonando al proprio destino gli enti, ormai deprivati dei beni destinati alla garanzia dei creditori, i quali vanno incontro alla dichiarazione di fallimento. In tale contesto, il ruolo di primo piano rivestito da un soggetto, quale collaboratore più stretto del dominus dell'associazione, nell'esecuzione delle complesse operazioni immobiliari in cui si traducono le attività distrattive e nella gestione dei rapporti con le figure professionali che interagiscono nella realizzazione di esse e delle società che fungono da teste di ponte delle manovre depauperatorie del patrimonio delle società in crisi, costituisce un elemento idoneo a integrare il fumus del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurimi delitti di bancarotta fraudolenta, pur in assenza di un ruolo direttivo formalmente rivestito dal medesimo soggetto all'interno dell'associazione. Ciò in quanto la professionalità dimostrata nel districarsi in questioni di estrema complessità nella prospettiva dinamica delle vicende che involgono le società in crisi, unitamente alla pluralità di società interessate dalle condotte distrattive, è indice della concreta pericolosità sociale del soggetto e del pericolo di reiterazione dei reati, tale da giustificare l'adozione di una misura cautelare personale, anche se di minore afflittività rispetto a quella richiesta, come il divieto di dimora, ove la provincia di Milano risulti essere il luogo in cui sono concentrate le attività del soggetto e non vi siano elementi di violazione delle prescrizioni imposte.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia - Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina - Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea - Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 13/06/2018 del TRIB. LIBERTA' di MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;
lette/sentite le conclusioni del PG ANTONIETTA PICARDI;
Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita';
udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Milano ha accolto l'appello del Pubblico Ministero in sede, interposto avverso l'ordinanza del 12 marzo 20…

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