Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 23558 del 7 giugno 2016

ECLI:IT:CASS:2016:23558PEN

Massima

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Il pubblico ufficiale che, abusando della sua posizione di potere, induce il privato a consegnare indebitamente somme di denaro o altre utilità, prospettandogli conseguenze pregiudizievoli in caso di rifiuto, commette il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p. e non il reato di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio di cui all'art. 319 c.p., in quanto la condotta del pubblico ufficiale si caratterizza per l'esercizio di una pressione-induzione sul privato, il quale si trova in una condizione di soggezione rispetto all'operato del primo, all'interno di una relazione asimmetrica in cui manca o si attenua il metus publicae potestatis, mirando il privato a trarre per sé un indebito vantaggio o comunque a conseguire un trattamento di favore. La collaborazione prestata dall'imputato dopo la commissione del reato, ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 2, n. 3), può essere correttamente valutata dal giudice ai fini della determinazione della pena, senza che ciò integri un vizio di motivazione, purché tale valutazione sia sorretta da un'analisi logica e congrua. Infine, l'identità della misura dell'aumento di pena operato per i reati satellite, pur nella diversa gravità dei titoli contestati, non costituisce di per sé un vizio di motivazione, essendo la pena irrogata in relazione ai singoli "fatti reato" di cui sono stati evidenziati, nella motivazione complessivamente svolta, il disvalore penale e i presupposti di determinazione.

Sentenza completa

sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/10/2015 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Delehaye Enrico, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trapani, riqualificata in termini di induzione indebita, ai sensi dell'articolo 319 quater cod. pen., la concussione in concorso contestata (capo F, articoli 110 e 317 cod. pen.) all'interno di piu' ampia imputazione - appropriazione di beni sottoposti a sequestro (capo A, articolo 110 c.p. e articolo 81 c.p., commi 1 e 2 e L. n. 1383 del 1941, articolo 3); violazione del dirit…

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