Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 39088 del 24 settembre 2014

ECLI:IT:CASS:2014:39088PEN

Massima

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Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce il privato alla dazione o promessa di denaro o altra utilità, realizza il reato di induzione indebita previsto dall'art. 319-quater c.p. Tale condotta si differenzia dalla corruzione attiva e passiva in quanto caratterizzata dalla sussistenza di una situazione di soggezione psicologica del privato nei confronti del pubblico agente, il quale, attraverso un comportamento prevaricatore e abusivo, riesce a convincere l'extraneus alla prestazione indebita. L'induzione indebita si distingue inoltre dall'ipotesi di istigazione alla corruzione attiva di cui all'art. 322, commi 3 e 4, c.p. per il maggior grado di pressione esercitata dal pubblico ufficiale, la cui richiesta assume un carattere perentorio ed ultimativo, a differenza della mera sollecitazione. Ai fini della configurabilità del reato di induzione indebita, rileva pertanto l'abuso della qualità o dei poteri del pubblico agente, il quale, approfittando della posizione di supremazia derivante dallo svolgimento di attività di controllo o verifica, prospetta al privato mali maggiori o indeterminati rispetto alle inosservanze riscontrate, inducendolo così alla dazione o promessa indebita. Tale condotta, caratterizzata dall'iniziativa del pubblico ufficiale e dall'assenza di una paritaria convergenza delle volontà, si distingue dalla corruzione per la mancanza di un accordo liberamente e consapevolmente concluso tra i due soggetti su un piano di sostanziale parità sinallagmatica. La valutazione della sussistenza dell'induzione indebita va effettuata in relazione alle modalità complessive della condotta, senza necessità di un'analisi analitica di ciascun episodio, laddove emerga una serialità di comportamenti connotati da analoghe caratteristiche. La pena irrogata dal giudice di appello, pur inferiore rispetto a quella comminata in primo grado per il diverso titolo di reato, risulta adeguatamente motivata in relazione alla gravità complessiva delle condotte, al numero degli episodi, alla pervicacia e alla strumentalizzazione della funzione pubblica a fini di indebito arricchimento, senza che possa ravvisarsi una reformatio in peius.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MILO Nicola - Presidente

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere

Dott. APRILE Ercole - Consigliere

Dott. BASSI Alessandra - Consigliere

Dott. PATERNO' RADDUSA B. - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1601/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del 11/02/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO' RADDUSA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per l'annullamento con rinvio per i capi F, N, O, Q per la qualificazione con le eventuali conseguenze sul tr…

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