La massima giuridica che si può estrarre dalla sentenza è la seguente: L'amministrazione comunale, in accordo con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, può disporre la delocalizzazione temporanea di attività commerciali su area pubblica, anche in assenza di un piano generale di riordino del commercio, qualora tale misura sia necessaria per tutelare il patrimonio culturale, storico, artistico e paesaggistico di particolari zone della città. Tale potere di delocalizzazione trova fondamento nell'art. 52 del d.lgs. 42/2004 e non è precluso dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale n. 140/2015, che ha inciso solo su alcuni aspetti procedimentali della norma, senza eliminare il potere di riesame e di adozione di provvedimenti puntuali di delocalizzazione da parte delle amministrazioni competenti. La delocalizzazione può essere disposta anche in via temporanea e provvisoria, in attesa dell'adozione di piani definitivi di riordino del commercio su area pubblica, purché sia assicurata un'adeguata partecipazione degli operatori commerciali interessati e sia garantita, ove possibile, l'equivalenza economica della nuova collocazione rispetto a quella originaria, ovvero un congruo indennizzo.