Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Le amministrazioni comunali possono regolare gli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi ai sensi dell'art. 50, comma 7, del D.Lgs. n. 267/2000, al fine di tutelare interessi pubblici prevalenti, quali la quiete pubblica, la circolazione stradale e la frequenza scolastica minorile. Tuttavia, tale potere è stato ridimensionato dall'art. 31 del D.L. n. 201/2011, che ha liberalizzato gli orari di apertura e chiusura di tali attività. Pertanto, le amministrazioni comunali possono limitare gli orari solo in presenza di una comprovata e documentata lesione di specifici interessi pubblici tassativamente individuati dalla legge, come la sicurezza, la libertà, la dignità umana, l'utilità sociale e la salute, senza poter invocare generiche esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica. L'amministrazione comunale deve, inoltre, motivare adeguatamente il provvedimento restrittivo, dimostrando l'esistenza concreta di fenomeni pregiudizievoli per la collettività, quali una particolare e documentata evasione scolastica, blocchi anomali della circolazione o turbamenti della quiete pubblica, non potendo limitarsi a generici accertamenti di viabilità compiuti dalla polizia locale.