Il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si configura quando l'imputato si trovi in un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, svolgendo un ruolo dinamico e funzionale che lo pone a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Tale condotta può essere desunta da una pluralità di elementi fattuali, anche indipendentemente dalla commissione di specifici reati-fine, come il ruolo di alter ego del soggetto di vertice, lo svolgimento di attività di ausilio e intermediazione in suo favore con carattere continuativo e fiduciario, la disponibilità a porre in essere attività delittuose necessarie per il perseguimento degli scopi dell'organizzazione. Il giudice, nel valutare la sussistenza del reato, deve compiere una valutazione complessiva delle risultanze probatorie, senza che sia necessario l'accertamento di una formale affiliazione o della commissione di specifici delitti, essendo sufficiente la prova di un inserimento strutturale e di una partecipazione, anche a livello minimale, alle attività del sodalizio. Nell'ipotesi in cui il contributo del singolo imputato sia ritenuto di particolare rilievo per il funzionamento dell'associazione, il giudice può legittimamente escludere la concessione delle circostanze attenuanti generiche, in ragione della gravità della condotta e della pericolosità del sodalizio, anche in presenza di elementi favorevoli come la giovane età e l'incensuratezza dell'imputato.