Il diniego del titolo abilitativo alla guida per difetto dei requisiti morali di cui all'art. 120, comma 1, del Codice della Strada configura una posizione di diritto soggettivo perfetto dell'interessato, la cui valutazione spetta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo, in quanto trattasi di accertamento avente natura vincolata, senza alcuna discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione. Ciò vale anche nei casi in cui il provvedimento di diniego sia adottato a seguito di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., la quale non enunci una condanna formale, in quanto la valutazione dei requisiti morali prescritti dalla legge per il rilascio della patente di guida non implica alcuna discrezionalità amministrativa, ma solo un accertamento vincolato del possesso dei requisiti stessi da parte dell'interessato. Pertanto, la giurisdizione sulla legittimità di tali provvedimenti di diniego spetta al giudice ordinario, in quanto la posizione giuridica dell'interessato va qualificata in termini di diritto soggettivo perfetto, non configurandosi alcuna spendita di poteri discrezionali da parte della Pubblica Amministrazione.