Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha stabilito che: 1. L'amministrazione comunale può legittimamente esercitare il potere di autotutela e annullare in via di autotutela le proprie precedenti delibere di legittimazione ed affrancazione di terreni soggetti ad usi civici, qualora risulti che le condizioni previste dalla legge regionale per il riconoscimento dell'affrancazione non fossero effettivamente sussistenti. 2. In particolare, l'amministrazione può annullare tali atti favorevoli ai privati in assenza dei requisiti di cui all'art. 19 della legge regionale n. 18/2007, quali: a) la mancata dimostrazione da parte del privato di aver apportato sostanziali e permanenti miglioramenti ai terreni; b) l'interruzione della continuità del demanio civico; c) il mancato decorso del termine decennale di occupazione; d) la presenza di abusi edilizi sui terreni. 3. L'amministrazione può altresì annullare tali atti in autotutela quando essi risultino in contrasto con precedenti pronunce giurisdizionali che avevano già escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'affrancazione. 4. In tali ipotesi, l'amministrazione non è tenuta a motivare in modo particolarmente analitico l'interesse pubblico sotteso all'esercizio del potere di autotutela, considerato il breve lasso di tempo intercorso tra l'adozione degli atti illegittimi e il loro annullamento, nonché l'assenza di una qualificata aspettativa dei privati beneficiari.