Cassazione penale Sez. V sentenza n. 22853 del 30 maggio 2014

ECLI:IT:CASS:2014:22853PEN

Massima

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Il delitto di diffamazione mediante comunicazione scritta richiede, oltre alla consapevolezza di pronunziare o scrivere una frase lesiva dell'altrui reputazione, anche la volontà che tale frase denigratoria sia conosciuta da più persone, essendo pertanto necessario che l'autore comunichi la frase con modalità tali che essa venga sicuramente a conoscenza di almeno due persone, evento che egli deve rappresentarsi e volere. Pertanto, l'invio di un messaggio offensivo ad un'unica persona, senza che sia provata la volontà dell'autore che il contenuto del messaggio fosse conosciuto da altri, non integra il reato di diffamazione. Il giudice, nel valutare la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, non può basarsi su mere presunzioni, ma deve indicare in modo specifico le ragioni per le quali ritiene provata la volontà dell'autore di diffondere la frase denigratoria.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Alfredo Mar - Presidente

Dott. DE BERARDINIS Silvana - Consigliere

Dott. LAPALORCIA Grazia - rel. Consigliere

Dott. PALLA Stefano - Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 39/2011 TRIBUNALE di CATANIA, del 24/10/2012;

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

Udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Grazia LAPALORICA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V. D'Ambrosio, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 24-10-2012, il Tribunale di …

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