Il giudice di merito, nel valutare la prova testimoniale e documentale, deve motivare in modo logico e congruo il proprio convincimento in ordine alla ricostruzione dei fatti, senza limitarsi ad un mero recepimento acritico delle valutazioni del primo giudice. Tuttavia, il giudizio adesivo della Corte di appello rispetto alle valutazioni del giudice di primo grado non è motivato in termini meramente apparenti, qualora la Corte territoriale abbia valorizzato, tra le risultanze istruttorie, quelle che più efficacemente hanno resistito alle eccezioni difensive, logicamente motivando il giudizio di attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa attraverso il riferimento a una pluralità di elementi probatori univocamente convergenti. Ai fini della formazione del libero convincimento del giudice, sussiste un effettivo contrasto fra le opposte versioni rese dall'imputato e dalla persona offesa, oggetto di valutazione da parte del giudice anche al fine di verificare l'attendibilità di quest'ultima, solo nel caso in cui sia l'imputato personalmente ad aver fornito la contrastante versione dei fatti, non essendo sufficiente una mera prospettazione da parte del suo difensore. L'omessa prospettazione da parte dell'imputato di una ricostruzione alternativa e plausibile dei fatti contestati, pur non potendo essere valutata come prova a carico, può essere valorizzata dal giudice come argomento di supporto dell'assenza di ipotesi suscettibili di minare il giudizio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Nell'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p., il giudice deve effettuare una valutazione globale della condotta, tenendo conto non solo della modalità della condotta e dell'esiguità del danno, ma anche di tutti gli altri parametri indicati dall'art. 133 c.p., comma 1, senza poter valorizzare, come ragioni ostative all'applicazione della causa di non punibilità, elementi estranei a tali parametri, quali l'assenza di pentimento e di condotte riparatorie da parte dell'imputato. Infine, la disciplina della continuazione tra reati, di cui all'art. 81 c.p., deve essere applicata nel rispetto del principio del favor rei, evitando un cumulo materiale di pene eterogenee.