Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La sussistenza delle esigenze cautelari, ai fini dell'applicazione della custodia cautelare in carcere, può essere desunta dalla valutazione complessiva degli elementi di fatto relativi alla condotta attribuita all'imputato, alla sua caratura criminale e ai suoi legami con l'ambiente mafioso di appartenenza, anche in presenza di condotte successive che possano apparire sintomatiche di un mutamento di atteggiamento, come l'ammissione di responsabilità, il risarcimento del danno e le richieste di scuse alle persone offese. Tali elementi, infatti, non sono di per sé sufficienti a dimostrare l'effettiva recisione dei legami con l'ambiente criminale e l'autentico mutamento di stile di vita, soprattutto quando l'imputato abbia dimostrato elevata affidabilità nel contesto mafioso di riferimento e vi abbia militato per un ampio lasso di tempo, acquisendo una posizione di rilievo. In tali casi, gli arresti domiciliari, anche con strumenti di controllo elettronico, possono non essere ritenuti idonei e adeguati a scongiurare il pericolo di reiterazione del reato, in ragione dell'elevata pericolosità sociale dell'imputato.