Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, afferma che il ricorso in appello deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c) del Codice del processo amministrativo, quando nel corso del giudizio sopravviene un assetto di interesse ostativo alla realizzazione dell'interesse sostanziale sotteso al ricorso, rendendo inutile la prosecuzione del processo. La differenza tra la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e la dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse risiede nel diverso accertamento sotteso: la cessazione della materia del contendere postula il pieno soddisfacimento dell'interesse sostanziale del ricorrente, mentre l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse presuppone la mancanza di interesse alla decisione. La sentenza che dichiara la cessazione della materia del contendere è idonea al giudicato sostanziale, accertando in maniera incontrovertibile l'attuazione di un assetto sostanziale di interessi favorevole al ricorrente, sopravvenuto in pendenza del giudizio, interamente satisfattivo della pretesa azionata in sede giurisdizionale. Al contrario, la sentenza che dichiara l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse non produce un giudicato sostanziale, in quanto rileva l'impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente. Pertanto, quando nel corso del giudizio sopravviene un assetto di interesse ostativo alla realizzazione dell'interesse sostanziale sotteso al ricorso, il giudice deve dichiarare l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, non essendo più utile la prosecuzione del processo.