Il decreto di sequestro probatorio e la successiva convalida da parte del pubblico ministero devono essere adeguatamente motivati, indicando specificamente le finalità perseguite per l'accertamento dei fatti di reato, la rilevanza e la pertinenza dei beni sequestrati rispetto alle condotte contestate. La mancata attivazione dei rimedi previsti dalla legge per contestare la legittimità del sequestro e del provvedimento di convalida, come il ricorso al Tribunale del Riesame o l'opposizione al giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'articolo 263, comma 5, c.p.p., determina l'inammissibilità del successivo ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione dei beni sequestrati. Il giudice di legittimità, in tali casi, è tenuto a dichiarare l'inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, salvo che non ricorrano gravi ed eccezionali ragioni di esonero.