Il rilascio di un titolo edilizio in favore di un privato sulla base di una falsa rappresentazione della realtà da parte del richiedente, rilevante ai fini del provvedimento, legittima l'Amministrazione a procedere all'annullamento in autotutela del titolo stesso, in quanto l'interesse pubblico all'eliminazione dell'atto illegittimo è in re ipsa. Ciò anche in assenza di una puntuale motivazione sull'interesse pubblico perseguito, essendo sufficiente l'accertamento della falsa rappresentazione, dolosa o colposa, della situazione di fatto da parte del privato. L'annullamento in autotutela non è soggetto al termine di dodici mesi previsto dall'art. 63, comma 1, del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, in quanto la falsa rappresentazione della realtà da parte del privato costituisce un dato ricevuto che legittima l'esercizio del potere di autotutela a prescindere da qualsivoglia accertamento penale. Inoltre, qualora il provvedimento impugnato risulti sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, ove ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo di per sé a sostenerne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento. Infine, la domanda risarcitoria volta a ottenere il ristoro del danno derivante dall'annullamento del titolo edilizio rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la lesione non è causata dal provvedimento favorevole (illegittimo e, perciò, giustamente annullato), bensì dalla fattispecie complessa costituita dall'emanazione dell'atto favorevole illegittimo, dall'incolpevole affidamento del beneficiario nella sua legittimità e dal successivo (legittimo) annullamento dell'atto stesso.