Il dolo nella truffa non può essere escluso dalla mera sopravvenienza di difficoltà economiche dell'imputato, essendo necessario accertare la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato attraverso una valutazione complessiva degli elementi di fatto, la cui ricostruzione e apprezzamento rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata e congrua motivazione. La condanna dell'imputato per il reato di truffa aggravata, confermata in appello, è pertanto legittima ove la sentenza dia conto in modo logico e coerente del pieno coinvolgimento dell'imputato nella commissione del fatto, senza che il mero inadempimento contrattuale possa escludere la configurabilità del dolo. Il giudice di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, essendo precluso un intervento in sovrapposizione rispetto ai contenuti della decisione adottata, salvo che non emergano vizi logico-giuridici nella motivazione.