Il contratto di appalto può essere risolto per grave inadempimento dell'appaltatore, qualora i vizi e le difformità delle opere realizzate rendano l'immobile inidoneo all'uso previsto, nonostante il pagamento parziale del corrispettivo pattuito. Tuttavia, l'onere di provare la consistenza, la natura e l'incidenza dei vizi lamentati grava sul committente, il quale deve fornire elementi idonei a dimostrare l'inadempimento dell'appaltatore tale da giustificare la risoluzione. La mera esistenza di vizi accertati dalla consulenza tecnica, che non compromettano l'idoneità funzionale dell'opera, non è sufficiente a fondare la risoluzione del contratto, essendo necessario valutare complessivamente la gravità dell'inadempimento in relazione all'interesse del committente. Il ricorrente in cassazione che intenda far valere le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio a sostegno del motivo di ricorso deve indicare espressamente nel ricorso la sede in cui tale consulenza è reperibile nel fascicolo d'ufficio, ovvero produrne copia, trascrivendone le parti rilevanti, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.