La libertà di iniziativa economica privata, sancita dalla Costituzione e dalla normativa nazionale e comunitaria, costituisce il principio generale dell'ordinamento, che può essere limitato solo per motivi imperativi di interesse generale, in modo adeguato e proporzionato agli obiettivi perseguiti. Pertanto, le disposizioni regolamentari comunali che prevedono divieti o restrizioni all'apertura di nuovi esercizi commerciali devono essere interpretate in senso tassativo e restrittivo, non potendo estendersi a impedire modificazioni soggettive od oggettive di attività di somministrazione di alimenti e bevande già esistenti e censite alla data di entrata in vigore del regolamento, salvo che ciò sia espressamente previsto per ragioni di sostenibilità ambientale, sociale, di viabilità e di sicurezza pubblica, adeguatamente motivate e proporzionate. L'Amministrazione comunale, nell'esercizio del proprio potere di programmazione e pianificazione delle attività commerciali, deve contemperare la tutela della concorrenza e della libertà di iniziativa economica con gli altri interessi pubblici, in un bilanciamento complessivo e sistematico, senza introdurre limitazioni irragionevoli o sproporzionate.