Il divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti, stabilito dall'art. 23, comma 2, della legge n. 62/2005, ha valenza generale e preclusiva, in quanto il rinnovo espresso darebbe luogo a una nuova figura di trattativa privata senza gara, diversa da quelle tassativamente consentite. Tale divieto rappresenta lo svolgimento del principio comunitario secondo cui il rinnovo è considerato alla stregua di un contratto ex novo, che richiede l'espletamento di procedure di evidenza pubblica in assenza delle ipotesi eccezionali che autorizzano il ricorso alla procedura negoziata senza gara. L'unica interpretazione ammissibile di una clausola del capitolato speciale che riservi all'Amministrazione la facoltà di rinnovare il rapporto è quella che il rinnovo debba rispettare le condizioni ed i vincoli stabiliti dall'art. 57 del d.lgs. n. 163/2006, il quale non contempla il caso di specie tra le ipotesi derogatorie di procedura negoziata senza gara. Solo rispettando tale canone interpretativo si assicura la coerenza dell'ordinamento interno con quello comunitario, che considera il rinnovo o la proroga come un contratto originario, soggetto alle regole dell'evidenza pubblica.