Il provvedimento di revoca di un contributo pubblico concesso per la realizzazione di opere di urbanizzazione, adottato dalla Pubblica Amministrazione in esercizio del potere di autotutela privatistica previsto dal disciplinare regolante i rapporti tra le parti, è legittimo qualora risulti documentalmente accertato il mancato completamento e la non collaudabilità delle opere finanziate, nonché l'esistenza di irregolarità negli affidamenti degli appalti e nella predisposizione dei quadri economici, in assenza di una violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell'azione amministrativa. Il principio di legittimo affidamento non può essere invocato dall'ente beneficiario del contributo, atteso che il disciplinare regolante i rapporti tra le parti prevede espressamente il diritto di revoca al verificarsi di determinate condizioni. La normativa comunitaria in materia di rettifiche finanziarie non trova applicazione nell'ipotesi di revoca di un contributo nazionale, in assenza di irregolarità che abbiano favorito determinati offerenti o siano connesse a frodi accertate dall'Autorità giudiziaria. L'atto di diffida all'adempimento e quello meramente confermativo della revoca non sono autonomamente impugnabili, in quanto privi di autonoma lesività.