Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Gli agenti di polizia, nell'esercizio delle loro funzioni e nell'adempimento dei doveri inerenti al servizio di ordine pubblico, sono tenuti ad agire nel rispetto della legge e dei diritti fondamentali della persona, senza abusare dei poteri loro conferiti. L'uso della forza e dei mezzi di coazione fisica è consentito solo ove strettamente necessario e proporzionato alla situazione concreta, in assenza di alternative praticabili, e non può mai tradursi in condotte arbitrarie e sproporzionate che cagionino lesioni personali gravi. In tali casi, gli agenti di polizia possono essere chiamati a rispondere penalmente, a titolo di concorso, dei reati di lesioni personali aggravate, falso ideologico e calunnia, qualora redigano verbali o atti pubblici contenenti una falsa rappresentazione dei fatti al fine di giustificare il proprio operato illecito. Il principio di diritto di autodifesa (nemo tenetur se detegere) non può essere invocato per legittimare condotte penalmente rilevanti finalizzate ad evitare l'autoaccusa. La valutazione della proporzionalità dell'intervento e della sussistenza di cause di giustificazione compete al giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità salvo vizi logici manifesti.