Il pubblico ufficiale sanitario che, in concorso con faccendieri, rilascia certificati medici falsi o compiacenti in cambio di denaro, commette il reato di corruzione. Tale condotta è punibile anche quando non sia stata accertata la falsità materiale dei certificati, essendo sufficiente la prova dell'accordo corruttivo finalizzato al rilascio di attestazioni non veritiere. La responsabilità del pubblico ufficiale può essere desunta da elementi indiziari, quali le dichiarazioni di complici, la dimostrazione di precedenti episodi di falso e la logica inferenza che la falsificazione delle date nei certificati sia finalizzata all'attuazione del patto corruttivo. Il giudice di merito, nel valutare la prova, gode di ampia discrezionalità, purché la motivazione sia logica e adeguata, senza che il mero contrasto di tesi possa integrare il vizio di manifesta illogicità della motivazione.