La parte civile costituita ha la facoltà di proporre appello contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile, oltre che, ai soli effetti della responsabilità civile, contro le sentenze di proscioglimento pronunciate nel giudizio. Tale facoltà di impugnazione della parte civile trova fondamento nell'interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata del complessivo quadro normativo in tema di impugnazioni, in particolare dell'art. 576 c.p.p. novellato dalla L. n. 46/2006, che prevede una generica legittimazione della parte civile ad impugnare la sentenza che le è sfavorevole, senza limitare tale potere al solo ricorso per cassazione né escludere espressamente o implicitamente la possibilità dell'appello. Tale lettura, compatibile con un'interpretazione meno rigida e restrittiva del principio di tassatività di cui all'art. 568 c.p.p., comma 1, consente di evitare asimmetrie ed irragionevoli posizioni processuali differenziate tra processo penale e processo civile, nel rispetto del principio di cui all'art. 111, comma 2, Cost. Pertanto, l'impugnazione proposta dalla parte civile, anche se qualificata come ricorso, deve essere riqualificata come appello e gli atti devono essere trasmessi al tribunale per il giudizio di secondo grado.