La mutata qualificazione giuridica del reato da associazione semplice a reato di associazione di tipo mafioso, accertata con sentenza di condanna, comporta l'operatività della doppia presunzione di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p.: la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, che può essere superata solo con la prova positiva dello scioglimento del vincolo associativo, e la presunzione assoluta di adeguatezza della misura cautelare più grave, la custodia in carcere, salvo che l'imputato non dimostri l'insussistenza delle esigenze cautelari. Pertanto, in presenza di una condanna per il reato di cui all'art. 416-bis c.p., il giudice è tenuto ad applicare la custodia cautelare in carcere, senza possibilità di ricorrere a misure meno afflittive, a meno che l'imputato non fornisca la prova dell'avvenuto recesso dall'associazione mafiosa o del suo scioglimento. La valutazione di altri elementi, come il pericolo di fuga o di reiterazione del reato, pur se rilevanti, rimane assorbita dalla presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, che può essere superata solo con la dimostrazione dell'estraneità dell'imputato all'associazione criminale.