Il reato di atti persecutori si configura quando la condotta del soggetto attivo, anche attraverso reiterate molestie e minacce, cagiona nella persona offesa un perdurante e grave stato di ansia e di paura, ovvero un'alterazione delle sue abitudini di vita, integrando in tal modo gli elementi costitutivi del delitto, a prescindere dalla sussistenza di un grave disagio psichico della vittima. La condanna per tale reato può fondarsi anche sulle dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile, senza che sia necessario un vaglio approfondito della sua attendibilità, atteso che il vizio di motivazione non può essere utilizzato per sindacare ogni omissione o errore concernente l'analisi di specifici elementi probatori. Inoltre, l'inutilizzabilità di alcune prove, come le trascrizioni di messaggi e SMS, non comporta l'automatica infondatezza della condanna, qualora le residue risultanze probatorie siano comunque sufficienti a giustificare il convincimento del giudice.