Il reato di violenza sessuale, anche nella forma attenuata di minore gravità, è soggetto a un termine di prescrizione di dieci anni, aumentato fino a dodici anni e sei mesi in conseguenza delle interruzioni intervenute, ai sensi dell'articolo 161 c.p., comma 2, vigente al momento della pronuncia della sentenza di condanna. Tale regime prescrizionale, più favorevole rispetto a quello previgente, deve trovare applicazione anche per i reati commessi in epoca anteriore all'entrata in vigore della relativa riforma legislativa, in ossequio al principio di retroattività della legge penale più favorevole all'imputato. Il termine prescrizionale decorre dal momento della commissione del fatto, con l'eventuale sospensione per impedimento del difensore, e deve essere computato tenendo conto dell'aumento massimo di pena stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima prevista per le circostanze attenuanti, ai sensi dell'articolo 157, comma 2, c.p. Il giudice di merito è pertanto tenuto a ricalcolare il termine di prescrizione sulla base di tali principi, al fine di verificare se il reato risulti effettivamente prescritto o meno.