Il mutamento non autorizzato della destinazione d'uso di un immobile, con la trasformazione di locali non residenziali in superficie utile abitativa, costituisce ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001, anche in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. In tali casi, l'ordinanza di demolizione delle opere abusive rappresenta un provvedimento vincolato, che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico o un bilanciamento con gli interessi privati, non potendo ammettersi alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva. L'amministrazione comunale, nel reprimere l'abuso edilizio, è tenuta a effettuare una valutazione complessiva dell'intervento, senza artificiose frammentazioni, in quanto il pregiudizio al regolare assetto del territorio deriva dall'insieme delle opere realizzate e dal loro impatto edilizio unitario, a prescindere dalla diversa natura e gravità delle singole violazioni. L'ordinanza di sospensione dei lavori, pur se gli stessi risultino ultimati, mantiene la propria legittimità in quanto misura cautelare finalizzata ad evitare un ulteriore aggravamento della situazione di illegalità, nelle more dell'adozione del provvedimento sanzionatorio. Infine, l'amministrazione non è tenuta ad un'analitica confutazione delle controdeduzioni del privato, essendo sufficiente che le argomentazioni difensive siano state prese in esame e che il provvedimento sanzionatorio trovi il proprio fondamento nella puntuale indicazione e motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'illecito.