Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1743 del 28 aprile 1995
ECLI:IT:CASS:1995:1743PEN
Massima
Massima ufficiale
In tema di applicazione di misure cautelari, alla chiamata in correita`, purche` resa da soggetto intrinsecamente attendibile, va riconosciuto valore di indizio che, pero`, per assumere il carattere della gravita`, deve trovare il necessario riscontro estrinseco in relazione alla persona incolpata ed al fatto che forma oggetto dell`accusa: riscontro che, di per se`, non deve costituire o concorrere a costituire prova di responsabilita`, ma deve pur sempre essere di valenza tale da indurre logicamente a far ritenere la qualificata probabilita` di colpevolezza dell`accusato in ordine alla commissione dello specifico fatto a lui ascritto. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che, quando le dichiarazioni del collaborante si riferiscano a fatti non percepiti direttamente dal dichiarante, ai fini della loro utilizzabilita` per gli effetti di cui al primo comma dell`art. 273 cod. proc. pen., s`impone un controllo pregnante della conoscenza e della verita` dei fatti narrati, che non puo` esaurirsi nell`indicazione delle ragioni di attendibilita` e credibilita` del chiamante "de relato", ma deve spingersi all`individuazione di riscontri esterni che attengano alle circostanze che effettivamente il dichiarante sia stato informato dei fatti, che il terzo ne era stato a sua volta testimone e, infine, che tali fatti siano riferibili al chiamato in reita`).
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