Il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina si configura quando l'agente, anche in concorso con altri, pone in essere condotte finalizzate a procurare l'ingresso illegale di cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato, predisponendo contratti di lavoro fittizi al solo scopo di consentire l'ingresso degli stranieri, senza che vi sia alcuna effettiva intenzione di procedere all'assunzione. Tali condotte, caratterizzate da un'attività di intermediazione organizzata e reiterata, integrano il reato di cui all'art. 12, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998, a prescindere dall'eventuale spirito di patriottismo o di mera solidarietà che possa aver mosso l'agente, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà di agevolare l'ingresso illegale degli stranieri. La sussistenza di gravi indizi di colpevolezza può essere desunta dalle dichiarazioni rese da alcuni degli extracomunitari coinvolti e dai datori di lavoro contattati, quando tali dichiarazioni risultino coerenti, dettagliate e convergenti, nonché dal fatto che l'agente si sia adoperato per contattare i datori di lavoro e abbia versato loro del denaro, circostanze che escludono qualsiasi finalità altruistica. Inoltre, il pericolo di reiterazione del reato, che giustifica l'applicazione di una misura cautelare, può essere desunto dalla natura organizzata e reiterata della condotta, che ha consentito all'agente di instaurare numerosi collegamenti anche all'estero, nonostante l'assenza di precedenti penali.