Il giudice di legittimità, nell'esaminare i ricorsi proposti avverso la sentenza della Corte di Appello, afferma che il reato di abuso di ufficio contestato ai pubblici ufficiali e ai soggetti privati è stato correttamente configurato sulla base della violazione di specifiche norme di legge e regolamento, dalle quali non residuavano margini di discrezionalità, nell'adozione di un provvedimento amministrativo in sanatoria di un abuso edilizio, in assenza dei presupposti richiesti, con conseguente attribuzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale al privato interessato. La motivazione della sentenza impugnata, nel delineare il quadro probatorio e l'elemento soggettivo, risulta immune da vizi logici e pienamente conforme ai principi giurisprudenziali in tema di abuso di ufficio, così come riformulato dalla novella legislativa. Analogamente, le condanne per i reati associativi e quelli fine, fondate su un articolato compendio probatorio, costituito da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni e altri riscontri, sono state ritenute sorrette da una motivazione adeguata e logica, non intaccata dalle censure generiche e reiterative proposte dai ricorrenti. Il giudice di legittimità, pertanto, dichiara inammissibili tutti i ricorsi, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.