Il diniego di autorizzazione paesaggistica da parte della pubblica amministrazione, fondato su un parere vincolante contrario della competente Soprintendenza, è legittimo e non può essere annullato dal giudice amministrativo in assenza di una chiara dimostrazione, da parte del ricorrente, della sostanziale identità tra il progetto originariamente respinto e quello successivamente autorizzato. Infatti, il principio di non contestazione non può trovare applicazione quando le risultanze documentali inducano a dubitare dell'effettiva analogia progettuale, essendo onere del ricorrente fornire adeguata prova a sostegno delle proprie allegazioni. In tali casi, il giudice è esonerato dall'obbligo di pronunciarsi nel merito, potendo dichiarare l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, in applicazione dell'art. 35, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo. Ciò anche quando, in precedenza, il Tribunale abbia ritenuto "congruamente esercitato il potere della Soprintendenza di tutela del vincolo in relazione all'impatto della costruzione sull'ambiente", in sede di diniego della misura cautelare, atteso che il mutamento di orientamento della Soprintendenza può essere ragionevolmente giustificato dalla diversità delle risultanze progettuali.