Il giudice di legittimità, nell'esercizio del proprio sindacato sulla motivazione della sentenza impugnata, non può riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, essendo precluso il riesame degli elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, ai quali spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dando atto del raggiunto convincimento in modo logico e coerente, senza essere tenuto all'esplicita confutazione di tutte le tesi non accolte o alla particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi. Il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, deducendo l'erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle aspettative della parte, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento degli stessi. I requisiti di formazione del ricorso per cassazione, previsti dall'art. 366 c.p.c., devono essere indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo, in quanto rilevano ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito.