Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La mancanza dell'avviso concernente la possibilità di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova nel decreto di citazione a giudizio non determina la nullità di tale provvedimento, in quanto tale omissione non comporta alcun pregiudizio irreparabile per l'imputato, il quale può comunque avanzare la relativa richiesta nei limiti temporali stabiliti per il giudizio. Pertanto, l'eccezione di nullità fondata su tale omissione è infondata, non essendo l'avviso in questione previsto tra quelli tassativamente indicati nell'art. 552 c.p.p. La valutazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 552 c.p.p., prospettata in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., presuppone che l'imputato abbia formalmente richiesto la sospensione del procedimento con messa alla prova, circostanza che non risulta verificata nel caso di specie. Inoltre, il ricorso per cassazione non può essere fondato su censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà, non essendo ammissibili doglianze che si risolvono nella mera prospettazione di una lettura alternativa delle risultanze probatorie, già puntualmente disattesa dalla corte di merito. Infine, la motivazione relativa al diniego delle attenuanti generiche, incentrata sull'insufficienza dello stato di incensuratezza e sull'assenza di elementi positivamente valutabili, non può essere censurata con rilievi del tutto generici, privi di specifiche deduzioni in ordine all'eventuale mancato apprezzamento di circostanze idonee a fondare il riconoscimento delle attenuanti.