Il diritto di critica politica, anche se espresso con toni aspri e polemici, non integra il reato di minaccia quando le espressioni utilizzate, pur riferendosi a fatti passati, non prospettano in modo concreto ed inequivocabile un male ingiusto alla persona offesa, ma si limitano a manifestare dissenso e disapprovazione nei confronti di determinate iniziative o posizioni. Perché possa configurarsi il delitto di minaccia, è necessario che la condotta dell'agente sia idonea a ingenerare nel soggetto passivo un effettivo timore di subire un danno ingiusto, non essendo sufficiente il mero riferimento simbolico o generico a eventi o situazioni pregresse, in assenza di una minaccia specifica e determinata. Inoltre, qualora i fatti posti a fondamento della presunta minaccia siano stati oggetto di un precedente giudizio penale conclusosi con sentenza di assoluzione, il giudice è tenuto a valutare attentamente tale circostanza al fine di escludere la configurabilità del reato, in mancanza di elementi concreti che dimostrino l'effettiva sussistenza del danno ingiusto prospettato.