Cassazione penale Sez. V sentenza n. 36861 del 6 settembre 2013

ECLI:IT:CASS:2013:36861PEN

Massima

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Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all'art. 216, comma 1, n. 2, della legge fallimentare, richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, senza che sia necessario il dolo specifico di impedire ai creditori la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Pertanto, la grave e prolungata carenza nella tenuta delle scritture contabili, anche in assenza di prova di un intento fraudolento specifico, integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, in quanto indice della volontà di ostacolare la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, a prescindere dalle motivazioni soggettive dell'agente, come l'interesse a riscuotere interamente un credito. Inoltre, le condizioni di salute e lo stato detentivo dell'amministratore non escludono la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, qualora non abbiano impedito lo svolgimento dell'attività di amministrazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giulian - Presidente

Dott. SABEONE Gerardo - Consigliere

Dott. MICHELI Paolo - Consigliere

Dott. DE MARZO G. - rel. Consigliere

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/10/2011 della Corte d'appello di Milano R.G. n. 3297/2004;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. ((omissis));

udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. ((omissis)), che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata ha confermato l'affer…

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