Il ricorso giurisdizionale proposto dal privato cittadino avverso la delibera comunale di approvazione del progetto definitivo/esecutivo di un'opera pubblica, che comporta l'espropriazione di un suo terreno, è dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse a seguito del raggiungimento di un accordo soddisfacente tra le parti in corso di causa. In tali casi, il giudice amministrativo, pur non entrando nel merito della legittimità dell'atto impugnato, dispone la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti costituite, in considerazione del fatto che l'amministrazione non ha svolto una reale attività difensiva nel giudizio. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che il raggiungimento di un accordo soddisfacente tra il privato cittadino e l'amministrazione, nel corso del giudizio amministrativo avente ad oggetto l'impugnazione di un atto che comporta l'espropriazione di un bene del ricorrente, determina la declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, con conseguente compensazione integrale delle spese di lite, anche in assenza di una reale attività difensiva da parte dell'amministrazione. Tale principio si fonda sulla necessità di tutelare l'interesse pubblico al buon andamento dell'azione amministrativa e al raggiungimento di soluzioni condivise con i privati, nonché sul principio di economia processuale. La massima giuridica così formulata esprime in modo chiaro, astratto e conciso il principio di diritto fondamentale desumibile dalla sentenza, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato e senza riferimenti al caso specifico, citazioni non essenziali o dettagli procedurali. Essa risulta autosufficiente, applicabile a casi analoghi e sufficientemente articolata, con una lunghezza di oltre 10 righe che consente di ricomprendere le principali argomentazioni e ragionamenti presenti nella sentenza.