Cassazione penale Sez. II sentenza n. 20323 del 23 maggio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:20323PEN

Massima

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La misura di prevenzione patrimoniale della confisca, applicata nell'ambito del procedimento di prevenzione nei confronti di persona indiziata di appartenenza ad associazione di tipo mafioso, non ha carattere sanzionatorio di natura penale, né quello di un provvedimento di prevenzione, ma rientra in quel "tertium genus" costituito dalle sanzioni amministrative, equiparabile, quanto al contenuto e agli effetti, alla misura di sicurezza di cui all'art. 240, comma 2, c.p. Pertanto, la confisca dei beni rientranti nella disponibilità del soggetto proposto per l'applicazione di una misura di prevenzione personale, una volta accertati i presupposti di pericolosità qualificata del soggetto stesso, sul senso della sua appartenenza a un'associazione di tipo mafioso, e di indimostrata legittima provenienza dei beni confiscati, non viene meno a seguito della morte del proposto, intervenuta prima che il provvedimento acquisti carattere definitivo. In tal caso, non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi ai fini della definizione del procedimento stesso in ordine alla misura patrimoniale, essendo la genesi di questa ed i connessi effetti irreversibili nell'ambito patrimoniale del soggetto sottoposto alla misura, ove siano da ricondurre alla sussistenza "ex tunc" dei requisiti per l'applicazione di quest'ultima. Il procedimento in materia è del tutto peculiare e per nulla compatibile con il giudizio civile, nel quale è espressamente prevista, ai fini della prosecuzione del processo, l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di una parte deceduta. Pertanto, una volta che il procedimento di prevenzione sia stato intrapreso e siano stati rispettati tutti i criteri di legge per l'emissione delle accessorie misure patrimoniali, la morte del proposto fa venir meno la misura personale, ma non intacca quella patrimoniale che, essendo stata già attuata, per la sua finalità prescinde dalla esistenza del soggetto che la subisce e dalla successione "mortis causa", non potendo gli eredi vantare alcun diritto di intervento nella procedura per far valere le ragioni personali del loro dante causa, poiché il bene confiscato risulta "ex tunc" acquisito al patrimonio dello Stato ed essi hanno solo un mero interesse di fatto alla definizione del procedimento in senso favorevole alle prospettazioni difensive del congiunto, poi deceduto. Inoltre, il sequestro, avente finalità strumentale volta a non vanificare la possibilità della confisca, ha piena autonomia processuale e sostanziale rispetto al provvedimento di confisca, di natura ablatoria, per cui i vizi che incidono sulla validità del sequestro non possono avere alcuna incidenza sulla validità del provvedimento di confisca.

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Il tribunale di Milano, con decreto del 22.5.1992, sottopose S. Di M. alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per il periodo di anni tre. Successivamente lo stesso tribunale, divenuto definitivo il decreto -sul rilievo che detta misura dovesse considerarsi sospesa a far tempo dal 7.10.1993, in quanto da tale data il Di M. era stato ininterrottamente detenuto in via preventiva per reati in ordine ai quali era intervenuta poi condanna definitiva della corte di appello di Milano in data 28.4.1997- con decreti del 18.5.1998 e 23.9.1999 applicava la misura patrimoniale della confisca relativamente ai beni ivi specificati che in modo diretto e indiretto erano ritenuti di proprietà di S. Di M. La Corte di appello di Milano rigettava il gravame proposto da quest'ultimo, che decedeva nelle more del procedimento di secondo grado nonché quello degli altri soggetti in epigrafe, interessati alla misura patrimoniale.

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