Il delitto di truffa si configura quando l'agente, con artifici o raggiri, induce in errore la vittima e la determina a compiere un atto di disposizione patrimoniale, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto e cagionando alla vittima un danno patrimoniale. Ai fini della configurabilità del reato, è necessario che l'agente abbia la disponibilità materiale del bene oggetto della truffa e che la vittima sia indotta in errore sulla legittimità della provenienza del bene, in modo tale da essere persuasa a compiere l'atto di disposizione patrimoniale. La motivazione della sentenza deve illustrare in modo chiaro e logico gli elementi costitutivi del reato, individuando con precisione le condotte ingannatorie poste in essere dall'agente, la disponibilità del bene da parte dello stesso, l'induzione in errore della vittima e il nesso causale tra la condotta fraudolenta e il danno patrimoniale subito dalla persona offesa. L'omissione o la carenza di tali elementi nella motivazione comporta l'annullamento della sentenza con rinvio per un nuovo giudizio.