La revoca di un contributo pubblico concesso ad un ente locale, fondata sull'asserito inadempimento del beneficiario agli obblighi di rendicontazione previsti dal bando, integra una controversia relativa alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione, con la conseguenza che la relativa cognizione spetta al giudice ordinario, in quanto il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, e non al giudice amministrativo, essendo esclusa la configurabilità di una posizione di interesse legittimo del beneficiario. Ciò in quanto l'atto di revoca del contributo non trova la sua ragion d'essere in una rinnovata ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato, ma nell'asserito inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario del finanziamento e nella verifica dei presupposti di esigibilità del credito, rientrando pertanto nell'ambito della c.d. autotutela privatistica della pubblica amministrazione, la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.