Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così sintetizzato: La critica politico-amministrativa, anche se espressa in toni particolarmente aspri, non integra il reato di ingiuria quando non costituisce un gratuito attacco personale, ma si inserisce nel contesto di un confronto dialettico tra esponenti politici nell'esercizio delle loro funzioni pubbliche. Il giudizio sulla continenza dell'espressione utilizzata deve tenere conto del contesto complessivo in cui essa è stata pronunciata, senza limitarsi a un mero richiamo al significato letterale delle parole impiegate. Il diritto di critica politica, anche se esercitato in modo vivace e polemico, è tutelato dall'ordinamento giuridico, purché non trasmodi in un attacco gratuito e ingiustificato alla sfera personale dell'interlocutore. Il confronto dialettico tra esponenti politici nell'ambito dell'attività istituzionale è legittimo e non può essere censurato sul piano penale, a meno che non assuma i connotati di una vera e propria aggressione all'onore e alla reputazione della persona. Il giudice, nel valutare la continenza dell'espressione, deve pertanto tenere conto del contesto complessivo in cui essa è stata pronunciata, senza limitarsi a un'interpretazione meramente letterale delle parole utilizzate.