Il piano particolareggiato, in quanto strumento urbanistico esecutivo e di dettaglio, può legittimamente prevedere limiti di altezza massima degli edifici inferiori rispetto a quelli indicati nel piano regolatore generale, senza incorrere in un vizio di illegittimità per contrasto con lo strumento urbanistico generale, purché tale riduzione non comporti uno stravolgimento delle previsioni di quest'ultimo e risulti necessaria per il perseguimento di specifiche esigenze di tutela paesaggistica e ambientale. L'amministrazione può, pertanto, legittimamente annullare in autotutela un permesso di costruire rilasciato in violazione delle prescrizioni del piano particolareggiato relative all'altezza massima degli edifici, in presenza di un concreto e attuale interesse pubblico alla tutela del paesaggio, senza che ciò comporti una violazione del principio di proporzionalità, ove il privato non abbia presentato una variante progettuale conforme alle prescrizioni vigenti. In tali ipotesi, l'affidamento del privato nella legittimità del titolo edilizio non è meritevole di tutela, in quanto ingiustificato alla luce delle vincolanti prescrizioni urbanistiche. Inoltre, ove l'erronea rappresentazione della realtà da parte del tecnico asseveratore abbia indotto l'amministrazione al rilascio del permesso di costruire, il termine di 12 mesi per l'annullamento d'ufficio non trova applicazione, essendo la fattispecie riconducibile all'ipotesi di cui all'art. 21-nonies, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990.