Il giudice può applicare la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata, con prescrizione di residenza in una comunità assistita per la somministrazione di un idoneo programma terapeutico, nei confronti di un soggetto affetto da disturbi mentali, qualora emerga dalla perizia psichiatrica un rilevante deficit della sua capacità di autocontrollo e l'impossibilità di fare affidamento sulla sua attitudine a seguire in maniera autonoma il programma terapeutico. Tale prescrizione, finalizzata esclusivamente all'esecuzione del programma terapeutico, non comporta un sacrificio aggiuntivo della libertà di movimento rispetto a quello inerente strutturalmente a un qualsiasi percorso di cura, e non si configura come una misura di restrizione della libertà personale, purché sia motivatamente individuata l'esigenza di una assistenza diretta nella somministrazione del programma terapeutico. Il giudice, nel valutare l'adeguatezza della misura, non è tenuto a esplicitare la valutazione sull'inidoneità di prescrizioni più blande, essendo implicita tale valutazione nell'aver motivatamente individuato la necessità della prescrizione applicata.