Il delitto di truffa si configura quando l'agente, mediante artifici o raggiri, induce in errore la vittima e la determina a compiere un atto di disposizione patrimoniale a proprio danno, realizzando così un ingiusto profitto. La condotta fraudolenta può essere integrata anche dal contributo decisivo dell'agente nel conseguimento del profitto, attraverso una complessiva condotta decettiva, anche se il profitto è stato effettivamente realizzato da terzi soggetti. La recidiva, che comporta un aggravamento del trattamento sanzionatorio, richiede non solo la sussistenza dei presupposti oggettivi (precedenti condanne irrevocabili), ma anche la dimostrazione di una maggiore pericolosità sociale del reo, desumibile dalla natura dei precedenti reati e dalla commissione del nuovo reato in un contesto temporale ravvicinato. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato e della recidiva, gode di ampio margine di discrezionalità, censurabile in sede di legittimità solo in caso di palese illogicità o contraddittorietà della motivazione.