Le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria, anche se non verbalizzate, possono essere utilizzate nella fase delle indagini preliminari e nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza ai fini dell'applicazione di misure cautelari, in quanto non soggette alla disciplina di cui all'art. 63 c.p.p., comma 2, che regola le dichiarazioni rese in assenza di difensore. Tali dichiarazioni, pur non essendo utilizzabili nel dibattimento, salvo quanto previsto dall'art. 503 c.p.p., comma 2, attribuiscono alla polizia giudiziaria il potere-dovere di sviluppare l'indagine sulla base di quanto appreso, sicché i risultati di tale attività investigativa restano validi e utilizzabili nel processo. L'inutilizzabilità di tali dichiarazioni non può essere desunta dalla mera circostanza che l'indagato si sia rifiutato di verbalizzarle, in quanto tale rifiuto non è di per sé indice della loro natura non spontanea, essendo altrettanto plausibile l'ipotesi che l'indagato abbia inteso evitare la formalizzazione a verbale di dichiarazioni confidenziali. Pertanto, l'affermazione della inutilizzabilità delle dichiarazioni dell'indagato sulla base di una congettura circa il loro carattere non spontaneo, costruita su pregiudizi e regole di esperienza non generalmente condivise, è priva di adeguata motivazione e non può essere condivisa.