L'Amministrazione comunale è tenuta ad annullare d'ufficio una concessione edilizia già rilasciata, qualora le opere autorizzate ricadano in zone soggette a vincoli di inedificabilità assoluta per la tutela di interessi pubblici preminenti, come l'incolumità dei cittadini e dei loro beni. Tale annullamento, pur incidendo sulla posizione giuridica del privato titolare della concessione, non richiede il previo parere della commissione edilizia, trattandosi di un atto vincolato e non discrezionale, dettato dalla necessità di salvaguardare valori costituzionalmente rilevanti. L'Amministrazione, tuttavia, è tenuta a risarcire il danno patrimoniale subito dal privato a causa dell'annullamento, purché questo sia stato effettivamente provato e non sia ascrivibile a condotte negligenti o imprudenti del medesimo privato, il quale deve dimostrare di aver agito con l'ordinaria diligenza. In particolare, il risarcimento non può riguardare spese sostenute per l'acquisto di materiali successivamente alla sospensione dei lavori, in quanto il privato avrebbe dovuto astenersi da tali acquisti, considerata la pendenza del procedimento di annullamento. Inoltre, il risarcimento deve essere proporzionato all'effettivo danno subito, con possibili riduzioni forfettarie ed equitative, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, ivi comprese eventuali incertezze manifestate dall'Amministrazione sulla legittimità della concessione rilasciata.