Il danneggiamento di una telecamera utilizzata per documentare il comportamento delle tifoserie durante una manifestazione sportiva pubblica, al fine di impedire le riprese, integra il reato di concorso in violenza privata, in quanto tale condotta è finalizzata a costringere l'operatore a interrompere l'attività di ripresa, pur in assenza di una diretta aggressione fisica. Il diritto all'immagine e alla riservatezza non può giustificare il ricorso a condotte violente e sproporzionate in un contesto pubblico, in cui il soggetto che partecipa accetta implicitamente di essere ripreso dai media. La mancata assunzione di prove richieste dalla difesa non integra necessariamente una violazione del diritto di difesa, in quanto il giudice può legittimamente ritenere sufficienti gli elementi probatori già acquisiti, salvo che il ricorrente non chiarisca in modo specifico come la prova non assunta avrebbe potuto incidere sull'esito del processo. I reati in questione non possono ritenersi prescritti in base alla disciplina transitoria della c.d. "Legge Cirielli", in quanto la sentenza di primo grado è antecedente all'entrata in vigore di tale normativa, e la scelta legislativa di individuare in tale sentenza il limite per l'applicazione retroattiva della lex mitior è stata ritenuta ragionevole dalla giurisprudenza di legittimità. Infine, la determinazione del trattamento sanzionatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che ha adeguatamente motivato la congruità della pena applicata, tenendo conto anche dello stato di incensuratezza dell'imputato.