Cassazione penale Sez. II sentenza n. 2822 del 3 marzo 1988

ECLI:IT:CASS:1988:2822PEN

Massima

Massima ufficiale
Ai fini della configurabilità del reato di estorsione di cui all'art. 629 c.p., la richiesta effettuata dai sequestratori nei confronti del sequestrato, al momento della liberazione, di pagare successivamente il prezzo del riscatto, costituisce minaccia idonea a coartare la libertà psichica della persona offesa. Il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'art. 630 c.p. si consuma indipendentemente dal conseguimento dell'ingiusto profitto del prezzo della liberazione. (Nella specie è stato precisato che il «prezzo» può essere costituito non solo da denaro o titoli di credito, ma anche da altri beni materiali, possibili oggetti di traditio, ovvero di utilità di altra natura come l'obbligazione verbale di pagare il prezzo dopo la liberazione). In tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, la liberazione del sequestrato, cui venga richiesto il successivo pagamento del prezzo del riscatto, esclude l'applicabilità della attenuante di cui al quarto comma dell'art. 630 c.p., in quanto per aversi dissociazione non è sufficiente la sola liberazione dell'ostaggio, ma è necessario il verificarsi di un abbandono incondizionato dell'intenzione di protrarre la durata del sequestro e di una rinuncia definitiva a conseguire il risultato economico o l'utile che l'agente si era prefisso di ricavare dal crimine. In tema di dissociazione nel sequestro di persona a scopo di estorsione è applicabile l'attenuante di cui al quarto comma dell'art. 630 c.p., anche quando sia l'unico agente o il gruppo nella sua interezza a liberare incondizionatamente il sequestrato. (Nella specie è stata ritenuta inapplicabile l'attenuante per essere stato liberato il sequestrato con la promessa del successivo pagamento del riscatto).

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