Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 4315 del 27 febbraio 1996

ECLI:IT:CASS:1996:4315PEN

Massima

Massima ufficiale
E` manifestamente infondata la questione di legittimita` costituzionale degli artt. 310, comma secondo, e 127, comma terzo, cod. proc.pen. in relazione all'art. 24, comma secondo, della Costituzione nella parte in cui viene previsto che l'indagato o l'imputato, se detenuto fuori della circoscrizione del giudice di appello, in materia di misure cautelari personali, debba essere sentito, qualora ne faccia richiesta, dal magistrato di sorveglianza del luogo anziche` dal Tribunale competente per l'appello. Ed invero, per l'appello, stante l'identita` di "ratio", vale la medesima soluzione offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 45 del 1991 secondo cui il combinato disposto degli artt. 309, comma ottavo, e 127 comma terzo, cod. proc. pen. va interpretato nel senso che le dette norme non vietano la comparizione personale dell'imputato o dell'indagato ove vi sia richiesta o il giudice, di ufficio, lo ritenga opportuno. Cio`, pero`, non deve fare ritenere che sia stato riconosciuto il diritto pieno ed indiscutibile dell'indagato o dell'imputato, detenuto altrove e che ne faccia richiesta, ad essere sentito proprio dal giudice del riesame o dell'appello ma induce ad affermare che tale diritto e` stato attribuito solo con riferimento alle ipotesi nelle quali sono prese in esame questioni di fatto concernenti la condotta dell'interessato, quando cioe` costui voglia contestare le risultanze probatorie ed indicare eventualmente circostanze a lui favorevoli, restando invece ferma la facolta` del giudice di disattendere richieste di audizione formulate genericamente o a fini puramente defatigatori. Peraltro, il potere del Tribunale di tenere conto, al fine di stabilire se sia o meno necessaria l'audizione diretta dell'indagato o dell'imputato (che non puo` essere imposta per il solo fatto della presentazione dell'istanza) delle ragioni su cui questa e` fondata, trova riscontro nella norma dettata dall'art. 299, comma terzo ter, cod. proc. pen., in tema di interrogatorio da parte del giudice di chi abbia chiesto la revoca o la sostituzione di una misura cautelare. Ne` puo` parlarsi di violazione del diritto di difesa riconosciuto dall'art. 24 della Costituzione, dato che questo puo` subire adattamenti e restrizioni da parte del giudice ordinario se giustificati da altre norme o da principi fondamentali desunti dall'ordinamento costituzionale, quali per l'appunto ragioni di sicurezza ed economia processuale. (V. sent. Corte Cost. n. 45 del 1991).

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