Il diritto di critica e di segnalazione di condotte deontologicamente scorrette di un professionista, esercitato attraverso l'invio di un esposto al competente Consiglio dell'Ordine, costituisce una causa di giustificazione che esclude la configurabilità del reato di diffamazione, purché le accuse contenute nell'esposto abbiano un fondamento o quantomeno l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente convinto della loro veridicità. Tale diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall'art. 21 Cost., è da ritenersi prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure costituzionalmente protetto, in quanto essenziale per la realizzazione della dialettica democratica. Pertanto, la valutazione della sussistenza di tale causa di giustificazione deve essere effettuata dal giudice, il quale non può limitarsi a constatare il mero valore offensivo delle espressioni contenute nell'esposto, ma deve verificare se le accuse ivi riportate siano rispondenti al vero o quantomeno siano state formulate in buona fede dall'accusatore. Solo in assenza di tali requisiti potrà configurarsi il reato di diffamazione.