Il reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all'art. 337 c.p. richiede, oltre alla condotta violenta o minacciosa diretta a ostacolare o impedire l'attività del pubblico ufficiale, anche la consapevolezza nell'agente della qualità pubblica del soggetto passivo e del carattere ufficiale del suo intervento. Pertanto, qualora il pubblico ufficiale non si sia immediatamente qualificato come tale al momento dell'intervento, la reazione dell'imputato, pur potendo integrare una condotta di resistenza passiva, non necessariamente integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, dovendo il giudice valutare la plausibilità della mancata percezione della qualità pubblica del soggetto da parte dell'imputato. Inoltre, il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati già giudicati con sentenza definitiva e quelli oggetto del giudizio di appello può essere richiesto per la prima volta anche in sede di discussione orale, a condizione che la sentenza relativa ai fatti già giudicati sia divenuta definitiva dopo la presentazione dei motivi di appello.